Tempo, spazio fermati! Ma non si fermarono.
Nel correre del tempo la nebbiosa pandemia prosegue,
varianti e nuove situazioni di zoonosi spuntano, mentre il paradosso del faccio
quello che voglio incontra l’opposto, del non si può fare quello che si vuole.
Paradossi che tentano di affrancare il tempo a sé, mentre il tempo cammina
inesorabile.
Se vi è una ragione la si può vedere nella prevenzione, ma l’attenzione
è non interpretare la prevenzione come cura. L’organizzazione sociale culturale
è la base della responsabilità collettiva interdipendente. Muoversi con autoresponsabilità
lo dobbiamo a noi stessi, a prescindere dal sistema con le sue deviazioni e
avidità di dominio.
Quello che ci possiamo augurare è che ognuno rispetti l’altro
nel confine minimo della sopravvivenza. Quale evoluzione è possibile?
Noi da sempre immaginiamo una capacità trasversale organizzativa
trasparente tanto da poter dare ad ognuno una cognizione matura del momento in
cui vive. Momento reale comune in cui viver;, ma come aggiustare il
posizionamento attuale di rispetto, di consapevolezza sociale appare come l’incognita del come correggere
la questione climatica, e se non è già troppo tardi.
La capacità scientifica può aiutare, ma non si può solo riferissi
alla scienza per farsene gioco.
La fragilità umana.
Tra i soppravvissuti lo sguardo punito di un giro turistico nelle situazioni banali in cui sono stato.
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